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Dalla Fiaba Popolare alla Fiaba Moderna

Dalla Fiaba Popolare alla Fiaba Moderna

Se la fiaba tradizionale si contraddistingue per una morfologia ben definita, trasversale a tutte le culture (Propp,1928), e per le sue caratteristiche di unidimensionalità e astrattezza (Luthi, 1946); dove lo stile narrativo – contenutistico risente, inevitabilmente, sia dell’humus socio – culturale di appartenenza (anche se come ci insegna Propp “la fiaba non è cronaca”) nonché delle trasformazioni di contenuti di carattere sacro e mitologico (Calvino, 1956).
La fiaba moderna, d’altro canto, rappresenta la metamorfosi di questo racconto popolare – orale/arcaico – simbolicamente desacralizzato (Buttita, 1933), in un prodotto il cui fine non è tanto quello di, come ci ricorda Rossi in prefazione a le “Fiabe Marchigiane”(cit. In Carubbi, 2019), tenere unita una comunità dinanzi all’incognita del pericolo attraverso la sublimazione di paure rispetto al non conosciuto, bensì quello di offrire una nuova tipologia del narrare ricco di “fatti ludici, sociali e filosofici” (Rodia, 2012, p. 131) e che possa servire a “ricomporre un mondo con la fantasia, utilizzando le informazioni che la società produce” (ivi).

Così fa, ad esempio, Marcello Argilli che cerca di concretizzare lo stile tipicamente astratto, quale quello della fiaba popolare, per avvicinarlo maggiormente al bambino reale e alle problematiche sociali in cui è immerso, ridando nuova vita ai “vecchi personaggi”, rendendoli più veri e più capaci di promuovere processi di identificazione:”Che belle” esclamò la bambina “le disavventure di una vecchia fiaba che si ritrova in una città di oggi. Così mi piacciono le storie: vere, moderne” (Argilli, 1979, p.9).

Se l’intento di Argilli, allora, è stato quello di rendere la fiaba tradizionale più funzionale alla moderna realtà infantile, Rodari, sua amico e collaboratore, trattando i racconti popolari come “materia prima” (Rodari, 1980), attua un vero e proprio stravolgimento strutturale, proponendo giochi di invenzione, dove la parola d’ordine è Fantasia: “raccontavo ai bambini, un po’ per simpatia un po’ per voglia di giocare, storie senza il minimo riferimento alla realtà né al buon senso” (ivi; pp. 8 – 9).

Come scrive Rodia “dopo Rodari la letteratura per l’infanzia non è più la stessa” (Rodia, 2012, p. 135): la fiaba, infatti, è il veicolo linguistico d’eccezione per parlare al bambino di temi sociali, degli ideali di democrazia e di solidarietà.
Come a dire: le fiabe possono essere pure a Rovescio, Sbagliate o così rimescolate da formare un’Insalata, ma, di fondo, parlano al cuore etico dell’uomo; e, prima ancora, del bambino.
Del bambino di oggi che sarà un adulto responsabile, domani.

Francesca Carubbi
www.psicologafano.com
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